SAGGIO SULLE ALLUSIONI SOTTINTESE NEL TITOLO «MESSAGGIO NELLE VISIONI DELLA MECCA SULLA CONOSCENZA DEI SEGRETI DEL RE E DEL REGNO
(Risâlah al-Futûhâl al-Makkiyyah fi Ma 'rifah al-Asrâr al-Mâlikiyyah wa al-Mulkiyyah)
"Allahumma, apri per noi le porte della tua misericordia" (1)
Parte prima di tre (questo articolo è stato tradotto leggendo l'originale in francese qui, per ogni dubbio od imprecisione si rimanda al testo originale)
Al-Futùhât al-Makkiyyah è il titolo molto conosciuto ed abitualmente impiegato, dell’opera di Ibn 'Arabî qui esaminata, ma si può notare che non si fa quasi mai accenno all’intera dicitura come specificata dallo stesso autore. Questo titolo è menzionato nella dedica della Prefazione: "Ho registrato questa epistola incomparabile che Dio ha esistenziato come un amuleto che preserva dall'ignoranza, l'ho intitolata Messaggio sulle Aperture Della Mecca sulla Conoscenza dei Segreti del Re e del Regno, perché la maggior parte dalle cose che ho messo provengono da ciò che Allâh mi «ha aperto" (mostrato), durante il mio giro rituale intorno alla Sua Casa illustre, o mentre ero seduto a contemplarlo nella Sua nobile cerchia venerata.»2
Questa assenza generalizzata di riferimenti al titolo intero si spiega certamente con la sua stessa lunghezza e probabilmente anche per una certa incomprensione delle realtà che riprende. Ma in fondo, la vera ragione non potrebbe essere una sorta di prudenza e di rispetto o buona creanza che si deve avere nei confronti di una dottrina fondamentale e misteriosa la cui esposizione doveva sopraggiungere solamente in un determinato momento?
L'allusione alla Mecca, Centro del Mondo in una visione islamica e la menzione dei "segreti del Re e del Regno" mostra con evidenza che questo titolo rinvia immediatamente alla funzione sovrana del "Re del Mondo." È René Guénon che ne ha esposto la dottrina; è fondato affermare che per merito di questa presentazione pubblica, risulta possibile una migliore comprensione delle Futûhât determinata da un’ottica finale3. È parimenti legittimo concludere che la rivelazione delle Futûhât si inserisca in un processo cronologico di estrinsecazione e di universalizzazione di una dottrina di carattere centrale.4
La pubblicazione della dottrina del "Re del Mondo" di René Guénon deve essere considerata come un "segno dei Tempi." L'uscita nel 1924 della traduzione del libro Bestie, Uomini e Dei di Ferdinando Ossendowski fu la causa occasionale invocata per giustificare tale divulgazione. Tuttavia, anche se allora servì da pretesto, il ruolo di questo libro fu secondario ed apparente ma permise di rivestire ragioni più profonde. Per convincersene, basta notare che a quell’epoca ebbe luogo un doppio movimento simultaneo, di messa a punto e di occultazione: l'apparizione pubblica di questa dottrina corrispondeva in realtà alla scomparsa delle funzioni più elevate in seno a tre delle forme tradizionali principali dell’Oriente.5
In relazione con certe idee cicliche di cui deteneva la chiave, si constata che è in questo momento che René Guénon redige i suoi primi articoli sul "Re del Mondo".6 L'anno 1924, fatale in questi riguardi, fu quello dell'abolizione del Califfato ottomano7 successivamente, poi della morte dell'ultimo Bogdo-Khan ed infine della soppressione definitiva del titolo di imperatore della Cina.
Questo anno fissa dunque la fine delle ultime grandi funzioni che reggevano l'ordine, particolarmente quello temporale, ancora sussistenti nelle tradizioni orientali e che erano, nel loro ambito, delle rifrazioni di aspetti agenti della funzione unica del "Re del Mondo". Nella misura in cui i fatti storici traducono, secondo le loro modalità, delle realtà superiori, c'è interesse a seguirne lo svolgimento ed è questa la ragione per cui René Guénon accordava loro molta attenzione, come dimostra particolarmente la sua risposta ad un articolo del Giornale di Italia dove menzionava con precisione la prossima fine della funzione califfale. A questo proposito evocava ciò che è "il vero panislamismo tradizionale”, affermazione puramente dottrinale di un diritto tutto ideale e senza alcun rapporto con qualsiasi mira politica e "i rapporti stretti che presenta questa domanda del panislamismo con quella del Califfato che si è posta già con una certa acutezza durante questi ultimi anni, e che dovrà essere risolta necessariamente dopo la caduta, oggi imminente dell'impero ottomano."8
Forse non si è calcolata tutta l'importanza, né si è compreso il vero significato della pubblicazione di una prima versione del "Re del Mondo" fin dal 1924. Infatti nell'emergenza e tenendo conto della gravità degli avvenimenti che abbiamo appena menzionato, occorreva che si venisse immediatamente in aiuto di quel che rischiava di diventare irrimediabile e soprattutto senza alternativa, ovvero della perdita di ogni contatto con quelli il cui incarico consiste normalmente nell’assumere l'immanenza delle funzioni divine di governo. L'intervento di René Guénon si inserisce così in un'economia provvidenziale che mira al ristabilimento di un legame effettivo e questo volta diretto, col Centro supremo9. Riferendosi alla sorgente di questi poteri, dunque alle gerarchie originali che stanno a monte di ogni tradizione, René Guénon riporta direttamente le coscienze all'origine comune, cioè alla sede primordiale ed inviolabile da dove emanano i differenti mandati di questi rappresentanti nascosti e senza successori10.
Ogni eliminazione di istituzioni sacre nell’ambito tradizionale trascina necessariamente, come contropartita, l'uscita e la propagazione di una forma deviata, addirittura ribaltata dell’istituzione stessa. Su questo argomento, senza entrare troppo nei dettagli, torna utile ricordare un certo numero di fatti storici il cui senso simbolico permette di percepire meglio il significato reale. Abbiamo detto che l'abolizione del califfato è stata decretata nel 1924. Questa abolizione generò, nella tradizione islamica , un certo numero di capovolgimenti ragguardevoli sia nel campo temporale che nell’ambito spirituale.
Certi lavori récenti11 hanno nettamente evidenziato quanto i Califfi ottomani garantissero il diffondersi degli insegnamenti dello Sceicco al-Akbar che, in un certo modo, li legittimava. A titolo di esempio, ricordiamo che il secondo sultano ottomano, Orhan Ghazi, chiese a Da'ûd al-Qaysarî (m). 751/1350, discepolo di Kamâl al-Dîn al-Qâshânî, a sua volta discepolo di Sadr al-Dîn al-Qûnawî, di dirigere e di insegnare nel primo madrasa stabilito nella città, allora recentemente conquistata di Iznik [= Nicea]. Ciò significa che l'insegnamento ufficiale fu inizialmente animato da un grande maestro della scuola akbariana »12.
Nel 1516, la prima azione dell'imperatore Sélim I, padre di Sulaymân il magnifico, dopo la sua vittoria sui Mammalucchi e la conquista di Damasco, fu di andare a "scoprire" la tomba dimenticata di Ibn 'Arabî e di costruire un mausoleo ed una moschea adiacente, cosa che manifesta la riverenza che portava personalmente al Dottore, ma si sa anche che tutto l'esercito anatolico era "nutrito” dal più semplice soldato fino al sultano, se non dell'insegnamento di Ibn 'Arabi, quanto meno di una grande venerazione per lui»13. "La posizione pro-akbariana degli ottomani diventa sotto Sulaymân una questione di stato [...] al-Fâlûjî viene condannato a morte dalle autorità e dal Cadì di Aleppo per avere tacciato di eresia lo Sceicco al-Akbar [...] il sultano esonera dalle sue funzioni il Muftì Jawî-zâdeh "perché attacca lo Sceicco Muhyi al-din Ibn Arabî 14. Un fatwâ del Sayt al-lslâm Ibn Kamâl Pacha (m 940/1534), "la personalità più nota nell’appoggiare il sigillo dell'ortodossia della dottrina di Ibn Arabî", è stata pubblicata in arabo da M. Geoffroy15. Tenuto conto della sua importanza dottrinale e del suo chiarezza, la riprendiamo a nostra volta, traducendola.
- "Nel Nome di Allâh il Tutto-misericordioso, il Molto-misericordioso.”
- Lode a Colui che, tra tutti quelli che Gli tributano un culto puro, ha fatto dei Suoi servitori gli eredi dei Profeti e degli Inviati; e che la preghiera sia compiuta su Muhammad che è nato per correggere gli smarriti e quelli che si smarriscono, così come sulla sua Famiglia ed i suoi Compagni, gli interpreti autorizzati del diritto islamico chiamato a spargere la Legge ferma ed evidente.
- Oh voi uomini, sappiate che lo Sceicco supremo (al-A'zâm) fu un più che nobile modello, polo della santa conoscenza e capo di quelli che professano la dottrina dell'unità, Muhammad Ibn al-'Arabî at-Tâ'i al-Hâtimî al-Andalûsî, giurista (ispirato) compiuto e guida eccellente, beneficia di virtù meravigliose, di grazie straordinarie, e di discepoli in moltitudine, riconosciuto da scienziati e personaggi illustri. Chiunque gli vada contro si ritrova nell'errore e chiunque persista in questo atteggiamento è smarrito. Il sultano ha il dovere di rieducarlo e di obbligarlo a cambiare convinzioni, dato che al sultano tocca l'ordine del bene (ammesso) e l'interdizione da tutto ciò che è negativo. È l'autore di numerosi lavori tra cui le Gemme sapienziali (Fusûs hikmiyyah - sic! ) e delle Aperture della Mecca. Certe domande che affronta hanno un'espressione ed un senso percepibile e conforme all'ordine divino senza che sia necessario godere di una rivelazione intuitiva o iniziatica. Per chi non riesce ad issarsi fino allo scopo ricercato tace al livello in cui si trova il suo lettore, a causa di questa Parola di Colui che è Molto in Alto: E non inseguire quello di cui sei privato dalla scienza. L'udito, la vista ed il cuore: su tutto ciò sarai interrogato e reso responsabile Corano 17, 36.
- “ Allah è la Guida verso la Via di accesso diretto. "
La caduta del Califfato ottomano nel 1924 segna la fine della protezione di cui godeva lo spiritualità akbariana. Questa caduta portò lo Sharîf Hussayn, sovrano ereditario della Mecca e custode dei Luoghi Santi, a proclamare su di sé il Califfato, cosa che scatenò l'ostilità immediata degli wahhâbiti sauditi, e la loro conquista della Mecca l’anno seguente. I nuovi conquistatori dei Luoghi Santi, non solo non sosterranno l'insegnamento di Ibn 'Arabî, ma ne diventeranno i più ostinati avversari appoggiandosi sulle tesi di 'Abd al-Wahhâb17 la cui ispirazione teorica essenziale si trova generalmente negli scritti del più notevole oppositore alla dottrina di Ibn 'Arabî e del sufismo: Ibn Tavmiyya18. Da allora, le tesi di quest’ultimo sono state sostenute e conosciute con una diffusione sempre più crescente.
Il tempo passa e i criteri di ortodossia e di eterodossia finiscono con il ribaltarsi. Bisogna sapere che Ibn Tavmiyya fu, nella sua epoca, condannato e trattato da eretico e da miscredente. I suoi attacchi contro Ibn 'Arabî e gli sceicchi sufi, così come la sua negazione dell'intercessione del Profeta, gli valsero l’arresto nelle prigioni del Cairo; più tardi, a Damasco, la sua fatwā che bandisce le visite alle tombe dei profeti e dei santi gli varrà ancora una carcerazione nella Cittadella. Il suo rifiuto dell'invocazione (istigâta) del Profeta lo fa tacciare di “zindîq" (eretico) dal giurista Ibn Hajjar. Questo muftì shafiita ha compilato una lista di pratiche "devianti" (bid'a) di Ibn Tavmiyya e ha concluso «il suo kufrE è evidente e manifesto»19, questo significa secondo la sua miscredenza. Non c’è da stupirsi se oggi, in questa era degli sconvolgimenti, si tenti di imporlo come norma e fustigando come è stato fatto fino ad ora, l'insegnamento autorizzato di Ibn 'Arabî e della sua scuola.20
L'anno in cui René Guénon scrisse Oriente ed Occidente, le "rivoluzioni" entrarono in una fase decisiva, e si assiste nel mondo islamico ad una sorta di imitazione all’inverso di un importante episodio profetico di cui parleremo in seguito,episodio che diete il suo titolo al lavoro di Ibn Arabî: Le Conquiste della Mecca 21. Alla conquista materiale e politica della Mecca da parte degli wahhâbiti, di cui si rileva ora una posizione egemonica crescente, si oppone la spiritualità dello Sheikh al-Akbar che non è obbligatoriamente legata al loro partito, né unicamente ad appoggio geografico che è sempre suscettibile di essere in qualche modo “conquistato”. Nel momento in cui l'opera dello Sheikh al-Akbar rischia di cadere nel discredito ufficiale, e, alla lunga, nella dimenticanza, è René Guénon che interviene e ricorda, opportunamente fin dal 1924, nell’Esoterismo di Dante,22 riferendosi ai lavori di Asin Palacios, «i multipli rapporti che esistono, per il fondo ed anche per la forma, tra la Divina Commedia (senza parlare di certi passaggi della "Vita Nuova e del Convito), da una parte, e, d'altra parte, il Kitûb el-isrâ (Libro del Viaggio notturno) ed il Futûhât el-Mekkiyah (Rivelazioni della Mecca) di Mohyiddin Ibn Arabi, opere anteriori di ottanta anni circa.» 23 Di più, René Guénon, sempre lui, afferma l'importanza estrema dell'insegnamento e della funzione di Muhyi-d-Dîn che « è chiamato «Esh-Sheikh el-Akbar» questo significa il più grande dei Maestri spirituali, il Dottore per eccellenza, la sua dottrina è essenzialmente puramente metafisica e parecchi dei principali Ordini iniziatici dell'islam, tra cui quelli più elevati e chiusi allo stesso tempo, procedono direttamente da lui.»
Ivan Aguéli ('Abd al-Hâdî nell’Islam) aveva già compreso l'interesse insigne delle opere di Ibn 'Arabî. Alla sua morte, è René Guénon che solo in Europa restò a continuare ed a sviluppare inizialmente in una prospettiva totalmente universale l’opera abbozzata dagli Akbariyyah." 24 Ha permesso così a certi occidentali di origine, come Michel Valsan ed i suoi continuatori, di concentrare l'essenziale delle loro ricerche e del loro impegno tradizionale. Ha favorito la diffusione della dottrina akbariana grazie alla quale si è potuto riscoprire, nella cornice di un insegnamento molto completo, i termini essenziali di una spiritualità e di un intellettualità pura, trascendente e universale.
Da un punto di vista iniziatico, è senza dubbio inutile insistere su di un interesse "oggettivo” sulla Mecca e sulla Ka'bah. Dopo avere considerato la possibilità di una "rottura di ogni legame cosciente col centro spirituale del mondo", è sotto forma di un richiamo che René Guénon invitava gli uomini a riprendere coscienza di "qualche cosa che è nascosto piuttosto che veramente perduto, poiché non è perso per tutti e certi lo possiedono ancora integralmente; se è così, altri hanno sempre la possibilità di ritrovarlo, purché lo cerchino come conviene, questo significa che la loro intenzione sia diretta in modo tale che, per le vibrazioni armoniche che sveglia secondo la legge delle "azioni e reazioni concordanti", possa metterli in comunicazione spirituale effettiva col Centro supremo25.
Questa direzione dell'intenzione, ha la sua rappresentazione simbolica in tutte le forme tradizionali, parliamo dell'orientamento rituale: questo, difatti, è propriamente la direzione verso un centro spirituale che, qualunque sia, è sempre un'immagine del vero "Centro del Mondo".26 L'autore aggiunge in nota che "nell'islam, questo orientamento (qiblah) è come la materializzazione, se ci si può esprimere così, dell'intenzione (niyah)."27 Ed il ruolo dell'intenzione essendo sottolineato qui, bisogna sapere ancora che i lettori ai quali René Guénon si rivolge sono innanzitutto gli uomini di "intenzione diritta" e di "buona volontà" che cita a più riprese nel Il Re del Mondo.
Occorre precisare ancora una cosa per avvertire, per quanto possibile, delle eventuali critiche che puntualmente arrivano quando sono esposte pubblicamente delle nozioni di un carattere insolito: si tratta del titolo di "Re del Mondo." René Guénon faceva notare che questo titolo "in ebraico ed in arabo è applicato correntemente a Dio stesso" ed egli notava in questo contesto che c'è una grande differenza di senso tra "il Mondo" e "questi mondi", a tal punto che in certe lingue, esiste per designarli due termini interamente distinti: così, in arabo, "il Mondo" è el-'Alam mentre "questo mondo" è “ed-dunyâ.28"
Non dava tuttavia nessuna delle due espressioni aspettate in queste lingue: Melek h-'Ôlam29 o Mâlik al-'Âlam, non più che Malik al-dunyâ, e di fatto, il Corano menziona, in quanto a lui, il "Re del Mondo" sotto la forma Mâlik al-Mulk30. Nella prefazione delle Futûhât, Ibn 'Arabî trascrive questa Decisione divina: "In verità, voglio creare a causa tua, oh Muhammad, il Mondo che è il tuo Regno"31 che identifica per l'occorrenza al-'Alm, il Mondo, con il Mulk, il Regno, o la Monarchia secondo i casi32. È nel capitolo 71 che l'autore ne spiega la ragione che dice che Allah nel versetto Dice: Allahumma, Mâlik al-Mulk, ha chiamato "il Mondo” Mulk per poter dare a Lui il Nome Al-Mâlik, non ha detto difatti Mâlik al-Alam33. Per non anticipare troppo su questo argomento, adesso dobbiamo ritornare all'analisi dal titolo completo delle Futûhât.
NOTE
1 Preghiera che è consigliato di recitare entrando nella Moschea e che Ibn 'Arabî riporta all'inizio della "Conclusione del capitolo [560] sigillo del libro [delle Futûhât]", Vol. 4. p. 551.
2 Futûhât. Vol. 1. p. 10.
3 L'esempio dell'investitura dello Sceicco al-Akbar descritto nella Prefazione che Michel Vâlsan ha tradotto e commentata conformemente al dottrina guénoniana, mostra tutto l'interesse di un riferimento al Centro della Tradizione universale e non solamente a quello legato alla modalità storica dell'islam. Cf. "L'investitura dello Sceicco al-Akbar al Centro supremo", articolo costituito principalmente con la traduzione di "Estratti sulla Prefazione delle Futûhât", E. T., ott. - nov. 1953, oramai capitolo 9 di L’Islam e la funzione di René Guénon, Parigi, 1984.
4 Non si tratta sotto questo aspetto di un caso unico. Altri insegnamenti, in tutte le tradizioni, devono così conoscere una rivelazione progressiva del loro pieno significato affinché si rimanifesti alla fine l'unità della dottrina metafisica mascherata con il vestito delle forme particolari. A proposito del vero senso dell’opera di Dante, che è legata a più di un titolo a quella di Ibn 'Arabî, René Guénon affermava che "il segreto doveva essere conservato per sei secoli, (il Naros Caldeo)" prima di precisare: "la necessità, per gli studi di questo genere, di una conoscenza delle "leggi cicliche", - completamente dimenticate dall'occidente moderno" "Il linguaggio segreto di Dante e dei "Fedeli di amore"", in fine, Velo di Isis, febb. 1929, pubblicato in Idee sull'esoterismo cristiano. Si può citare come altro esempio la rivelazione del Sacro-Cuore.
5Questa spiegazione può essere messa in corrispondenza col periodo ciclico dove la residenza della Sakînah, la "Presenza reale della Divinità" o 'Grande Pace", perse il suo supporto esterno che era l'arca dell’alleanza. A questo riguardo il Corano non menziona l'arca che nell’occasione di una manifestazione della Monarchia: «Ed il loro Profeta [Samuel] disse loro: In verità i credenti quando ti hanno prestato giuramento [per la mano, a te, Profeta], sotto l'albero, sapeva ciò che c'era nei loro cuori, così fece scendere la Sakînah su essi e li gratificò di con una prossima Fath (vittoria) (48, 4 e 18). Tra i credenti figura su tutti il Messaggero divino: Ed Allah fece scendere la Sua Sakînah sul Suo Inviato e sui suoi credenti(48, 26). Attraverso la rivelazione dei versetti di questa sura, di cui il nome [Al-Fath = La Vittoria]è in corrispondenza col titolo delle Futûhât, erano suggeriti il compimento effettivo ed il consenso di un piccolo pellegrinaggio, sebbene sotto una modalità inattesa dato che il centro visibile di questo progettato pellegrinaggio era stato reso inaccessibile dai Coraisciti, che rifiutavano ai musulmani l'entrata nella Mecca.
6 "Il Re del Mondo", data di novembre 1924, I Quaderni del mese, nostri 9-10 intitolati "Le Chiamate dell'Oriente", Emile-Paul, Fratelli, Editori, Parigi, 1925, e riproduce in quel numero di Scienza sacra; Il Re del Mondo. Atanòr, n° 12, dicembre 1924. Guénon aveva già partecipato ad una Tavola Rotonda radiodiffusa, animata da Federico Lefèvre e pubblicata in Le Notizie Letterarie del sabato 26 luglio Documento privato. Già nel 1921, questa domanda è trattata nell'introduzione generale allo studio delle Dottrine indù, 2° parte, cap. 2. Cf. anche Oriente ed Occidente (l° parte, cap. 4) Parigi, 1924.
7 È Costantinopoli che fu, a partire da 1453, la sede del Califfato per tutti gli islamici. Questo luogo privilegiato della geografia sacra gioca un ruolo determinante nell'escatologia - ne è fatta particolare menzione nella tradizione profetica e da Ibn 'Arabî nel capitolo 366 dei Futûhât dedicato ai Ministri del Mahdî "esterno" alla fine dei Tempi -, fu dapprima sede dell'impero romano a cui spettava in particolare il titolo di Vicarius Dei, che è uno dei sensi della funzione califfale.
8 Documento privato. Già in 1921, questa questione è trattata nell'introduzione generale allo studio delle Dottrine indù, 2° parte cap. 2. Cf. anche Oriente ed Occidente (1° parte, cap. 4) Parigi, 1924.
9 Si sa, secondo tutti gli insegnamenti tradizionali, che la gerarchia di questo Centro, costituita dai "Viventi", sarà chiamata a manifestarsi in un momento finale per ristabilire i legami corrotti ed assicurare il passaggio di questo ciclo ad un altro. Un tale intervento si inserisce nella fase preparatoria che corrisponde alla messa a punto di questa dottrina.
10 il riassorbimento di queste funzioni esterne ricorda quella delle facoltà dell'essere al momento della sua morte. Dal punto di vista microcosmico, è l' "anima vivente" che rappresenta il Re del Mondo perché, come insegna la Brihad-Aranyaka Upanishad: "è questa "anima vivente" che, come riflesso del "Sé" e principio centrale dell'individualità, governa l'insieme delle facoltà individuali, considerate nella loro interezza, e non solamente in ciò che riguarda la modalità corporale. Come i servitori di un re si riuniscono intorno a lui quando è sul punto di intraprendere un viaggio, così tutte le funzioni vitali e le facoltà, esterne ed interne, dell'individuo si uniscono intorno alla "anima vivente"", L'uomo e suo diventare secondo il Vedanta, cap. 18.
11 Sempre più spesso alcuni scritti universitari assumono un impegno tradizionale autentico. L'influenza, ad un livello o maggiore o minore, dell'insegnamento di René Guénon o di quello di Michel Vàlsan su alcuni di loro è nettamente evidente nel campo degli studi akbariani, anche se i riferimenti espliciti a questi due maestri restano talvolta discreti. Questa influenza è ancora più netta nelle tesi di dottorato, come quella concernente la Cabbala di M. Nicolas Sed: La Mistica cosmologica ebraica (Parigi, 1981, e quella, in filosofia, di M. Patrick Geay, Ermes tradito,
12 Mustafa Tahrali, " Tratti generali dell'influenza di Ibn 'Arabî nell'Era Ottomana." Journal of the Muhyiddin Ibn Arahi Society, Vol. 26, 1999, p. 46. «Il secondo sultano Ottomano, Orhan Ghazi Da'ûd invitato al-Qaysarî (d. 751/1350), il discepolo di Kamâl al-Din al-Qàshani, a sua volta discepolo di Sadr al-Din al-Qûnawî, essere direttore ed insegnante del primo madrasa, fondato all'Iznik recentemente conquistato. Questo vuole dire che l'insegnamento ufficiale stesso fu messo in moto da un grande padrone della scuola Akbariana. »
13 Riyadh Atlagh, "Paradossi di un mausoleo", in Luoghi dell’Islam, Parigi, 1996.
14 Fric Geoffroy, Il Sufismo in Egitto ed in Siria, Damasco, 1995, p. 134.
15ibid, p. 511. Nella nota 176, p. 1.34, l'autore indica a partire da quale manoscritto è stato stabilito il testo di questa fat-wâ. M. Tahrali, nell'articolo precedentemente menzionato, ne ha tradotto anche la sua maggior parte.
16 Li si trova principalmente ad Istanbul, capitale Califfale rinomata per il suo insegnamento al punto che un grande Sceicco akbariano, Ahmad al - 'Alawi, si rese. Egli ci ha lasciato la sua testimonianza del periodo delle insurrezioni all'epoca della quale fu impegnato la lotta contro il Califfato. Cf. Martin Lings, Un santo musulmano del ventesimo secolo, cap. 3, pp. 92-93, Parigi, 1967. Gli ottomani non sono i soli ad avere privilegiato l'insegnamento dello Sceicco al-Akbar. Per esempio, i sultani della dinastia yemenita Rasulide (1235-1454) erano versati particolarmente nel letteratura sufi e hanno incoraggiato attivamente il suo studio." Le opere di Ibn 'Arabî erano considerate come il "perno dell'educazione sufi" nella città di Zabid (cf). AJexander D. Knysh, Ibn 'Arabî in the later Islamic Tradizion, chap. 9, New York, 1999.
17 1703-1792. lino 1744 fu concluso un patto tra 'Abd al-Wahhâb ed i capi dei saudita quando del quale si ripartirono l'autorità religiosa e la sovranità.
18 1263 - 1328. Cf. Enciclopedia dell'islam, Parigi - Leiden, 1969. E miscredenza, errore.
19 Eric Geoffroy, op. cit., pp. 446-450. In quanto al wahhàbismo, M. Chodkiewicz nota che "offre ad una corrente, fino a quel momento, minoritaria una base politica ed una cassa di risonanza, affinché il puro giurista [Ibn Taymiyya] possa impossessarsi con successo di un magistero abusivo e pretenda di detenere da solo il monopolio di definire un'ortodossia da cui il sufismo è escluso" (Prefazione al lavoro precitato di M. Geoffroy). Da parte sua, M. Riyadh Atlagh ricorda che "lo wahhàbismo è l'ideologia di stato di uno dei paesi arabi più influenti attualmente: l'Arabia Saudita" (art. cit.). Questa influenza si spiega evidentemente per la ricchezza tutta esterna procurata dal petrolio, sostanza oscura sulla quale ci sarebbe molto da dire da un punto di vista simbolico.
20 È diventato sempre più frequente, in particolare all'epoca del sermone del venerdì, nelle moschee finanziate da certe forme di integralismo, o in quelle in cui gli iman sono stati formati a questo spirito, di sentire anatemi contro le opere di Ibn 'Arabi per mezzo di idee tutto preconcette che manifestano in generale una mancanza di conoscenza in proposito di cui sono naturalmente completamente privi quelli che le condannano. Una pecca che necessiterebbe almeno di un po’ di erudizione di cui devono armarsi i ricercatori che se ne interessano. Questi ultimi tendono oggi a lavorare e comunicare a partire da strutture, spesso universitarie, situate la maggior parte in Occidente e, guarda caso, libere di certe costrizioni di espressione. Questa situazione trascina indistintamente in modo allettante e facile l'accusa portata contro tutti gli akbariani di servirsi di Ibn ‘Arabî per muovere guerra all'islam, mentre in realtà, si tratta di mostrare la portata universale di questa tradizione.
21 Come è spiegato più avanti, "Conquista" è una delle traduzioni possibili del parola Futûhat.
22 Pubblicato nella rivista italiano Atanôr in parecchie puntate (aprile, maggio, luglio ed agosto-settembre. Questo lavoro è stato pubblicato in francese in 1925 (Parigi, Ch. Gobba, Libraio, collezione "i Quaderni del Portico"). Si ricorderà anche che "la Sfinge" aveva scritto nel “La France Antimaçonnique”: "Un lato poco conosciuto dell’ opera di Dante", 5 oct. 1911, pp. 433-434, e "L'esoterismo di Dante", 5 marzo 1914, pp. 109-113.
23 L'esoterismo di Dante cap. 5. La traduzione di questo lavoro in italiano è stata fatta da Arturo Reghini, e rivista da René Guénon stesso. Il passaggio che abbiamo appena citato è pagina 195 del numero di luglio di Atanor: « i multipli rapporti che esistono, per il fondo ed anche per la forma, tra la Divina Commedia (senza parlare di certi passaggi della "Vita Nuova e del Convito), da una parte, e, d'altra parte, il Kitûb el-isrâ (Libro del Viaggio notturno) ed il Futûhât el-Mekkiyah (Rivelazioni della Mecca) di Mohyiddin Ibn Arabi, opere anteriori di ottanta anni circa. »
24 Michel Vâlsan, L 'Islam et la fonction de René Guénon, cap. 1. Sulla "société Akbariyyah", cf. ibid.
25 "Ciò che abbiamo appena detto permette di interpretare in un senso molto preciso queste parole del vangelo: "Cercate e troverete; chiedete e riceverete; bussate ed e vi sarà aperto"", Mt. 7, 7 e LC. 11, 9. L’ "opera" qui menzionata può essere messa in relazione con quella che figura anche nel titolo delle Futûhât.
26 Le Roi du Monde, cap. 8.
27Cf. “Simboli fondamentali della Scienza sacra” cap. 8 dove aggiunge che è con l'intenzione che "tutti i poteri dell'essere devono essere diretti verso il Principio divino"; Il Simbolismo della Croce, cap. 8, dove l'intenzione è messa in relazione col "Centro del Mondo" ed la Sakînah.
28 Il Re del Mondo, cap. 3.
29 In una nota del 1949, preciserà però che questa espressione "che ritorna così spesso nei preghiere israelite e che si rivolge a Dio, non può significare evidentemente altro che "Re del Mondo"", £ T., p. 193.
30 Corano 3, 26. Questo Nome composto può tradursi testualmente "Re del Regno." l'espressione appare sotto forma di un pleonasmo, ma in arabo rinforza la qualità inerente all'agente, come Ibn 'Arabî indica qui in seguito.
31 Futùhat. Vol. 1, p. 4
32 per spiegare l'applicazione della funzione reale che passa tra Dio e il Profeta, si ricorderà che René Guénon considerava le teorie della Kabbala ebraica concernente gli "intermediari celesti"; la Shekinah e Metatron, e noi mostreremo più avanti che corrispondono a due aspetti del Realtà muhammadienne.
33 vol. I, P. 618. Per quel che riguarda l'espressione Malik al-dunyâ, la si incontra nel Sufismo, per esempio negli Ahhâr Al-Hallâjy congiuntamente all'espressione al-Ahirah che designa l' "Altro Mondo", n° 8, p. 23 in arabo e p. 111 in francese (Parigi, 1975).
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