tradurre, tradire e tradizione

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domenica 28 novembre 2010

zolfo rosso parte 2



http://esprit-universel.over-blog.com/article-charles-andre-gilis-le-soufre-rouge-2-53595121.html

Nel passaggio del Kitâb al-isrâ che segue immediatamente quello che abbiamo tradotto, Ibn Arabî dà un'indicazione sconosciuta ma significativa. Citando la distinzione ben conosciuta dell'Essenza, degli Attributi e degli Atti divini, precisa che il colore rosso è quello dell'Essenza. Si sa che secondo la teoria indù dei tre guna, il rosso è il colore
  • di rajas, la tendenza che rappresenta l'estensione in senso orizzontale e che corrisponde agli
  • Kshatrya nella gerarchia delle caste e al

  • Desiderio come movente per dell'attività.


Se il colore rosso è considerato come una qualificazione dell'Essenza, allora questo significato abituale deve essere trasposto, poiché si tratta allora, non del desiderio, ma della potenza divina. La presenza di quest'indicazione si spiega dunque facilmente, poiché è precisamente grazie a questa potenza che quello che è giunto al grado dello zolfo rosso può «agire in tutti i mondi».
È necessario ricordare che la potenza divina, nell'Induismo, è spiegata dal termine Shakti. Tuttavia, occorre portare qui una precisione essenziale. Nei suoi commenti sulla figura del triangolo dell' Androgino, Michel Vâlsan scrive in particolare: "Se ci poniamo da un punto di vista cosmologico (vicino a quello dello Sankhya) ma nei termini indicati nella Shvetâshvatara Upanishad, il triangolo superiore sarebbe «un essere unico e senza-colore» (interpretato come Shiva) ed gli tre altri triangoli, i tre «non nati»: uno di carattere femminile, la «non nata rossa, bianca e nera» che genera gli esseri particolari, e che corrisponde alla natura primordiale principio dei tre Guna, o ancora alla Shakti di Shiva, che è rappresentata logicamente dal triangolo rovesciato; gli altri due «non nati» sono di carattere maschile."
Quest'interpretazione ravvisa Shakti, nella sua relazione passiva con Shiva, come un principio puramente cosmologico, o piuttosto come il principio stesso della cosmologia; non può dunque convenire al testo di Ibn Arabî citato sopra. In effetti, dal momento che è l'essenza divina che è considerata come «rossa» non può più essere identificata con un principio supremo descritto come «unico e senza colore». Per comprendere ciò che abbiamo qui in vista, occorre considerare piuttosto che il triangolo rovesciato occupa un posto centrale e principiale rispetto ai tre triangoli diritti che lo circondano, simile al posto simbolico del cuore nel microcosmo umano.
Da questo punto di vista, è il triangolo «interno» e «centrale» che rappresenta l'essenza divina, conformemente allo hadîth qudsî: «Il mio cielo e la mia terra non mi contengono, ma il cuore del mio servo che crede Mi contiene»; questo triangolo è allora di colore rosso perché è una figura della Shakti suprema considerata come «indipendente in relazione ai mondi» e come il principio delle hypostasia divina. Nell'Induismo, viene considerata la «grande madre» descritta come «la dea rossa»; nel ermetismo cristiano, è Maria considerata come «Seggio
eterno» ed «essenza» del mistero della Trinità; Dante la chiama «la regina che può tutto ciò che vuole» e che «ride a sé stessa».
Occorre sottolineare che, secondo questa prospettiva, il simbolo ideografico dei quattro triangoli non si riferisce più, almeno direttamente, all'uomo universale (che contiene il principio femminile come una parte ed un riflesso di sé stesso), ma al segreto operante che è all'origine della sua potenza. Ci sia permesso aggiungere, con la speranza che alcuni sapranno trarre vantaggio da quest'insegnamento complementare, che il segreto in questione è l'unica base principiale delle dottrine cosmologiche dove «la coppia primordiale» si forma da un unione incestuosa tra fratello e sorella.


Il riferimento alla Shakti suprema dell'Induismo risulta indispensabile per la piena comprensione della funzione iniziatica simbolizzata dallo zolfo rosso. A quelli che se ne stupiscono, faremo osservare che siamo qui nel cuore «dei misteri della lettera nûn». In particolare, si tratta «dell'unione che si deve operare nel mondo intermedio», occorre prestare un'attenzione speciale al tantrismo, da cui sono prese le qualificazioni di grande madre (Ambikâ) e di dea rossa alle quali abbiamo avuto ricorso più su. Non soltanto gli insegnamenti ed i mezzi dei Tantra sono più specialmente adeguati alle condizioni di Kali-Yuga, ma devono essere considerati soprattutto come un riattualizzazione della dottrina primordiale al centro della tradizione indù; da questo punto di vista, si tratta di un adattamento paragonabile a quello che fu l'instaurazione dell'islâm per l'insieme del ciclo e del genere umano, poiché la sua posizione finale lo predispone ad essere il supporto assiale del Dîn al-Fitra, cioè della Tradizione Primordiale considerata in quanto "Legge fondamentale" di questo ciclo.


Pure essendo perfettamente ortodosso e rispettoso della forma esterna dell'induismo, il tantrismo è, essenzialmente, indipendente da questo aspetto formale, infatti è anche anche l'unica via iniziatica indù accessibile agli stranieri, e particolarmente agli Occidentali. Le affinità profonde che uniscono le modalità tantriche dell'induismo a certe forme dell'esoterismo islamico sono messe in luce, non solo da questa posizione ciclica comune, ma anche dal posto preponderante che accordano entrambi alla "scienza delle lettere" in quanto mezzo privilegiato per «l'attualizzazione del Verbo.» Per mostrare questo di un modo più preciso, occorre, una volta di più, ricorrere alle indicazioni senza pari trasmesse da René Guénon.


questo è perché è chiamata "Quella che gioca" (Lalitâ).
2 Cf. La Divina Commedia, Paradiso, XXXIII, 35, 124 e 126,.
3 Cf. René Guénon, Il quinto Veda. Per tutto ciò che riguarda gli insegnamenti tantrici, ci siamo appoggiati sull'autorità della linea iniziatica rappresentata da M. Jean Emmanuelli e, secondariamente sulle sue «Considerazioni sul Tantrismo».
4 Quanto meno questo era una possibilità che esisteva ancora qualche anno fa, ma che oggi è praticamente estinta. L'avvenimento più considerevole in questa "fine dell'età scura" è questa chiusura di porte e di vie restate fino ad ora aperte.

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