SAGGIO SULLE ALLUSIONI SOTTINTESE NEL TITOLO «MESSAGGIO NELLE VISIONI DELLA MECCA SULLA CONOSCENZA DEI SEGRETI DEL RE E DEL REGNO»
di Michel Vàlsan
(Risâlah al-Futûhâl al-Makkiyyah fi Ma 'rifah al-Asrâr al-Mâlikiyyah wa al-Mulkiyyah)
"Allahumma, apri per noi le porte della tua misericordia"
terza ed ultima parte
III - La chiave
Ritorniamo agli avvenimenti sulla presa della Mecca, inevitabilmente c'informeranno, se si operano le trasposizioni adeguate, sulle modalità che convengono al processo di "Apertura" delle Futûhât. Una ricapitolazione dei fatti nell'ordine cronologico mostra che le vicende per aprire l'accesso al santuario dell'islam, furono progressive. Tutto cominciò nell'anno 6 da una visione del Profeta che fu poi confermata dalla rivelazione della sura al-Fath all’uscita dell'episodio di Hudaybiyah:
Già, Allah ha realizzato per il suo Inviato la visione in divinis. Certo entrerete in sicurezza nella moschea proibita, così Allah vuole .
Questa modalità di Vittoria considerata, paradossalmente, già evidente sul piano esteriore, per ragioni che analizzeremo probabilmente in un'altra occasione, fu, lì per lì, presa male dai pellegrini a cui era stata promessa la visita ai luoghi santi. Costoro non percepivano gli effetti né nel tempo né nello spazio poiché, si vietava loro, malgrado tutte le aspettative, ogni incursione nell'area geografica del territorio sacro e la loro celebrazione rituale era concretamente rimandata ad una data ulteriore. Sono i termini della rivelazione che faranno loro prendere provvidenzialmente coscienza che il Fath aveva già avuto luogo ma, come abbiamo segnalato precedentemente, si era prodotto su un piano diverso da quello immaginato.
L’anno seguente, conformemente agli accordi presi a Hudaybiyah, i pellegrini si recarono alla Mecca e la Promessa divina conobbe così un nuovo compimento. Tuttavia, non facendo parte integrante dello svolgimento dei riti, l'entrata nella Ka'bah fu loro rifiutata. È solamente nell'anno 8, nel mese di Ramadan che l’ "Apertura" totale della madre delle Città fu assicurata definitivamente, marchiata da un avvenimento di portata spirituale e temporale molto alta: la consegna della Chiave del santuario. Questo simbolo della resa corascita stabiliva che il territorio, la cinta ed il Tempio consacrato erano diventati oramai vincolati al Culto puro, di eredità abramica.
Prima di descrivere le circostanze di questo avvenimento maggiore, cominceremo con precisare che la chiave, in quanto strumento dell'apertura, si dice in arabo al-miftâh . Il valore numerico di questa parola che si può interpretare qui come la sua "chiave numerica", è 560 .
Si può notare che questo numero corrisponde a quello dei capitoli delle Futûhât, ma indica anche la data di nascita dall’egira dello Sceicco Muhyî-d-Dîn Ibn 'Arabî , perché c'è naturalmente similitudine tra l’opera santa ed il suo autore, ed il periodo di 560 anni è uno di quelli dopo cui si rimanifesta la Fenice: è quella che da' Brunetto Latini, l'istruttore di Dante . Non è possibile trattare qui questa questione legata alla legge dei cicli minori e maggiori che si applicano alle differenti durate della vita della Fenice ed alle sue riapparizioni. Il simbolismo della Fenice è indissociabile dagli avvenimenti escatologici, segnaliamo che la funzione di Ibn 'Arabî vi si rapporta in massimo grado e che ha redatto a questo riguardo un lavoro intitolato La Fenice che si occulta, a proposito della conoscenza del Sigillo dei Santi e del sole dell'occidente. Alla fine di questo trattato, scrive: «L'apparizione [del Sigillo della Santità] ha luogo dopo il compimento dell'Hâ ' nell'ordine alfabetico. La sua nascita interna, passati il Sâd e la Ta’». Un'interpretazione nella logica della Scienza delle Lettere e dei Numeri consiste nel tenere conto del valore numerico delle lettere citate. Si apprende così che è a partire dall'anno 600 compiuto che è chiamata a manifestarsi la pienezza di questa fun-zione . La nascita di colui che deve essere investito si trova, in quanto a lei, in 560 . I quarant' anni che si separano la nascita e la missione ufficiale nell'ordine spirituale dallo Sceicco al-Akbar sono naturalmente da mettere in corrispondenza coi quaranta anni di preparazione del ricettacolo muhammadiano alla Missione universale: il Profeta non ricevette l'apostolato che all'età di quarant' anni, 40 che sono il numero del "ritorno al Principio" e della "riconciliazione" che esprime in generale la doppia idea di "pienezza" e di "maturità". Conformemente alle indicazioni di Michel Vâlsan, questo ci porta a dedurre che la "investitura dello Sceicco al-Akbar al Centro supremo" non può essere stata che dopo l'anno 600 , quando Ibn 'Arabî aveva già raggiunto la quarantina.
Questi dati permettono di considerare una volta di più lo Sceicco Muhyî-d-Dîn, il "Vivificatore della Tradizione", come una rinascenza muhammadiana che interviene nel ciclo della Santità e, iniziando, la sua produzione, come una re-espressione del Messaggio Profetico nello stesso dominio. I 560 capitoli dei Futûhât si rivelano essere allora altrettante porte da aprire per colui che desidera prendere conoscenza dei segreti ri-celati. Il rapporto tra i capitoli e le porte sono tanto più evidenti a stabilirlo è la stessa parola bâb, plurale abwâb che li designa in arabo: aprire la porta rientra dunque, nella cornice delle Futûhât, dà l’accesso al capitolo. Ibn 'Arabî avverte il lettore: «Prima di prendere la parola sugli abwâb di questo libro, presentiamo un bâb che dà l'elenco dei capitoli.» Tuttavia nel titolo di questo questa precisione dice: "Bâb della tavola dei capitoli non contabilizzati nei capitoli. " Il capitolo in questione può essere dunque, in un certo modo, considerato come una sintesi riassuntiva dell’opera tutta intera. Questa osservazione dello Sceicco permette, di aggiungere questo capitolo agli altri per raggiungere il numero di 561; e se si considera che sfugge al conteggio, è dall'addizione della parte introduttiva ai Futûhât che risulterà questo numero. Fin dal primo capitolo dei Futuhât, la domanda della chiave è posta. È legata all'incontro eccezionale dello Sceicco al-Akbar con la sua Alter Ego divino, alla Pietra nera, che chiama "il giovincello evanescente." Questo Essere Trascendente, di cui noi riparleremo in dettaglio al momento della traduzione del capitolo che lo riguarda, è una per-sonificazione sensibile dello spirito divino, per riprendere l'espressione di Michel Vâlsan, è l'omologo dell'angelo Gabriele che porta la Rivelazione. Lo Sceicco al-Akbar chiede al suo giovane iniziatore ed ispiratore: "Fammi conoscere come consultarti adeguatamente affinché mi attenga alle modalità dei movimenti della tua chiave."
Così dice, un hadîth profetico insegna: Chiesero a Wahb b. Mu-nabbih: Ciò " Lâ ilâha illâ-Llâh, (Non c’è Dio eccetto Allah), non è la chiave del Paradiso? - Si, rispose, ma non c'è chiave senza denti. Se vieni munito di una chiave dentata, ti sarà aperto, se no non ti sarà aperto" "Le interpretazioni esoteriche fanno di ciascuno delle quattro parole della Sahâdah una dei quattro denti della chiave che, a patto di essere intera, apre tutte le porte della Parola di Dio, e dunque quella del Paradiso." Il valore numerico di questa testimonianza dell'unità divina è, ricordiamolo, 165 , quindi facendo riferimento all'articolo precedente «Iqra'», dove si nota che il nome islamico 'Abd al-Wâhid Yahvâ prende tutti questi valori 560, 561 e 165, si conosce, o meglio riconosce, uno degli aspetti fondamentali della funzione di cui fu investito René Guénon.
Il suo ruolo nei confronti delle Futûhât e di ogni studio akbariano è in generale determinante e consiste nel mettere finalmente in luce dei segreti tesaurizzati nell'insegnamento dello Sceicco al-Akbar. Certi obietteranno probabilmente che l’opera deve potersi spiegare così per se stessa come è affermato a proposito del Corano, non di meno il ricorso ad una nuova chiarificazione può rivelarsi provvidenziale; del resto il Corano non contiene ogni cosa? - non abbiamo omesso niente nel Libro è - egli dice - la maggior parte delle volte si spiega per bene con le sorgenti esterne di cui la principale è la Sunnah. A questo proposito, quando il Profeta invita: Cercate la scienza fosse pure in Cina, la questua della scienza incombe a tutti i musulmani, da una parte, non ha certamente in vista la scienza profana e, d’altro canto, indica chiaramente che ogni scienza sacra, da ovunque provenga, fosse pure dai confini della terra, può essere ben integrata nella prospettiva dell'islam universale.
Aggiungeremo che la Fâtihah, "Quella che apre", è talvolta identificata alla chiave stessa, e che il Basmalah che l'inaugura è qualificato in quanto a lei come Fâtihah al-Fâtihah. Lo si interpreterà allora come la "Chiave delle chiavi" diversamente detta per eccellenza il "Passaggio" che apre il passaggio ad ogni sura. Da un altro punto di vista, "Quella che apre" può essere simboleggiata dalla " Mano" che viene ad unirsi alla chiave per azionarla. La sua Unità sintetica che si aggiunge al numero 560 della chiave, permette di considerare il passaggio di 561 a 165. Sono due "numeri-specchio" che si ottengono difatti successivamente facendo ruotare la chiave sul suo asse, riproducendo così l'operazione di conversione di cui è suscettibile il cuore, per aprirsi l'accesso al Centro del Mondo dove è conservata intatta, in Deposito, la vera Dottrina dell'unità.
Pentecoste 2001 - 12 rabì' al-awwal 1422
Mawlid al-Nabî
74 Corano, 48,27,
75 Mifîâh per la sua ortografia equivale a miflah (senza allungamento della a, che qui corrisponde ad una soppressione della Valif). È allora equivalente a mafleha che in ebraico designa tanto l'azione d’aprire che la chiave.
76 a + / + m + /+ t + à + h = 1 + 30 + 40 + 80 + 400 + 1 + 8 = 560.
77 Questo stesso anno corrisponde a quello della morte di 'Abd al-Qâdir al-Jilânî, il Gran Maestro a cui è confidato il comando delle milizie celesti, mili-zie menzionate espressamente nella la sura Al-Fath (versi 4 e 7).
78 Cf. Le livre du Trésor, texte publié dans Jeux et sapience du Moyen Age, p. 798.
79 Tulù', terme choisi qu'on applique par exemple au "lever du soleil" ou à celui des astres.
80 Ha', lettera che occupa il 7° rango nell'ordine alfabetico, che rinvia al 7° secolo e al 7° mese dell'anno, Rajah, qualificato di "singolare", mese con cui Ibn 'Arabî ha un affinità particolare e al cui farà allusione qualche riga più avanti.
81Cf. nota 4 di questo articolo a proposito del periodo di sei secoli. Ritorne-remo prossimamente su questa domanda a proposito dalla vita, della fun-zione e dell'opera di Ibn 'Arabî.
82 Somma dei valori delle lettere Sâd (60 secondo il conto occidentale, e Tâ' (500). Per la nostra traduzione di questo passaggio dell’ 'Anqâ' mujriby ci riferiamo al Ms. Berlino 3266, il più vecchio manoscritto conosciuto di Ibn 'Arabî secondo Gerald Elmore (cf). p. 212 della sua tesi dedicata a questo lavoro, Yale University, novembre 1995, ed intitolata The Fabulons Griphon, traduzione con cui non concordiamo completamente, anche se il carattere escatologico del "Grifone" è innegabile, perché questo "animale a due na-ture" non si rifà chiaramente allo stesso simbolismo di quello della "Feni-ce"). La maggiorparte delle altre versioni menziona in modo errato altre lettere che hanno la stessa grafia della Là' e del Sâd ci che si differenziano per i loro punti diacritici, Bà', Tā' e Dâd, rendendo il messaggio improprio e di conseguenza incomprensibile.
83 Le Roi du Monde, cap. 5.
84 Le Roi du Monde, chap. 5.
85 è una delle spiegazioni del titolo al plurale, "le Aperture" o Futuhât che designano la "Summa" di Ibn 'Arabî.
86 Il numero 560 non è proprio alle sole Futûhât, né all'unica prospettiva islamica. Occupa un posto importante nella tradizione orphico-pitagorica ed interviene particolarmente nella struttura delle Géorgiche di Virgilio di cui i 2178 versi possono essere divisi in due gruppi complementari: uno di 560 versi, l'altro di 1618 che rinvia al Numero d’Oro.
Per ciò che riguarda il numero 561, esiste una poesia iniziatica Peul intitola-to Laaytere Koodal, "Lo scoppio della grande stella" che ha un attinenza di-retta. Questa "grande stella" "perfetta tra le stelle che, lacerò il cielo e cad-de sul Nord è la grande stella del re", verso 110, 191, 391. Questa stella chiamata Koodal ha per valore numerico 561 (nota 2, p. 31). Del resto, il racconto, dal verso 412 al verso 423, enumera, sotto forma di enigma, gli elementi di una somma che corrisponde a questo numero:
"una teoria di taglialegna, per gruppi di dieci e ciò venti volte
ai quali si aggiungono tredici caïlcédrats.
Per quelli che han disegno di tagliare le piroghechi vuole tagliare ed abbattere i grandi caïlcédrats maschi
chi, contati e ricontati, Fanno quattro volte il keme (=80) dei Bambaras
queste saranno dieci alle quali si aggiungono due:
vedi, esse vogarono sui fiumi.
sono dodici immensi fiumi.
Che cosa trasportano dunque tutte queste piroghe?
Quattro re, tutti mendicante.
Conta ciò che è stato enumerato, addiziona e comprenderai.
Il risultato del conto, lo proclama chi potrà! ",
(Amadou-Hampâté Bâ Lo scoppio della grande stella, testo e traduzione, Parigi, 1974).
87 Vol. 1, p. 48.
88 Sahîh al-Buhari (Vol. 2, p. 89), Kitàb al-janâ iz (Livre des funérailles, chap. 1).
89 Chevalier-Gheerbrant, Dictionnaire des symboles (Paris, 1997), p. 262.
90 In seguito a ciò che è stato appena detto, ritorniamo alla data di nascita cerniera di Ibn 'Arabî. I calendari islamici e cristiano indicano rispettivamen-te gli anni 560 e 1165. Il carattere simbolico di questo ultimo numero appa-re quando lo si decifra 1-165, 165 che suggerisce così l'unità prima. Questo procedimento non è inusitato e lo si trova in Dante particolarmente quan-do parla di "Un cinquecento diece e cinque" (Purgatorio, 33, 43, che posso-no essere letto "un 515" o (1-500-10-5 =) "1515."
91 Coran 6, 38.
di Michel Vàlsan
(Risâlah al-Futûhâl al-Makkiyyah fi Ma 'rifah al-Asrâr al-Mâlikiyyah wa al-Mulkiyyah)
"Allahumma, apri per noi le porte della tua misericordia"
terza ed ultima parte
III - La chiave
Ritorniamo agli avvenimenti sulla presa della Mecca, inevitabilmente c'informeranno, se si operano le trasposizioni adeguate, sulle modalità che convengono al processo di "Apertura" delle Futûhât. Una ricapitolazione dei fatti nell'ordine cronologico mostra che le vicende per aprire l'accesso al santuario dell'islam, furono progressive. Tutto cominciò nell'anno 6 da una visione del Profeta che fu poi confermata dalla rivelazione della sura al-Fath all’uscita dell'episodio di Hudaybiyah:
Già, Allah ha realizzato per il suo Inviato la visione in divinis. Certo entrerete in sicurezza nella moschea proibita, così Allah vuole .
Questa modalità di Vittoria considerata, paradossalmente, già evidente sul piano esteriore, per ragioni che analizzeremo probabilmente in un'altra occasione, fu, lì per lì, presa male dai pellegrini a cui era stata promessa la visita ai luoghi santi. Costoro non percepivano gli effetti né nel tempo né nello spazio poiché, si vietava loro, malgrado tutte le aspettative, ogni incursione nell'area geografica del territorio sacro e la loro celebrazione rituale era concretamente rimandata ad una data ulteriore. Sono i termini della rivelazione che faranno loro prendere provvidenzialmente coscienza che il Fath aveva già avuto luogo ma, come abbiamo segnalato precedentemente, si era prodotto su un piano diverso da quello immaginato.
L’anno seguente, conformemente agli accordi presi a Hudaybiyah, i pellegrini si recarono alla Mecca e la Promessa divina conobbe così un nuovo compimento. Tuttavia, non facendo parte integrante dello svolgimento dei riti, l'entrata nella Ka'bah fu loro rifiutata. È solamente nell'anno 8, nel mese di Ramadan che l’ "Apertura" totale della madre delle Città fu assicurata definitivamente, marchiata da un avvenimento di portata spirituale e temporale molto alta: la consegna della Chiave del santuario. Questo simbolo della resa corascita stabiliva che il territorio, la cinta ed il Tempio consacrato erano diventati oramai vincolati al Culto puro, di eredità abramica.
Prima di descrivere le circostanze di questo avvenimento maggiore, cominceremo con precisare che la chiave, in quanto strumento dell'apertura, si dice in arabo al-miftâh . Il valore numerico di questa parola che si può interpretare qui come la sua "chiave numerica", è 560 .
Si può notare che questo numero corrisponde a quello dei capitoli delle Futûhât, ma indica anche la data di nascita dall’egira dello Sceicco Muhyî-d-Dîn Ibn 'Arabî , perché c'è naturalmente similitudine tra l’opera santa ed il suo autore, ed il periodo di 560 anni è uno di quelli dopo cui si rimanifesta la Fenice: è quella che da' Brunetto Latini, l'istruttore di Dante . Non è possibile trattare qui questa questione legata alla legge dei cicli minori e maggiori che si applicano alle differenti durate della vita della Fenice ed alle sue riapparizioni. Il simbolismo della Fenice è indissociabile dagli avvenimenti escatologici, segnaliamo che la funzione di Ibn 'Arabî vi si rapporta in massimo grado e che ha redatto a questo riguardo un lavoro intitolato La Fenice che si occulta, a proposito della conoscenza del Sigillo dei Santi e del sole dell'occidente. Alla fine di questo trattato, scrive: «L'apparizione [del Sigillo della Santità] ha luogo dopo il compimento dell'Hâ ' nell'ordine alfabetico. La sua nascita interna, passati il Sâd e la Ta’». Un'interpretazione nella logica della Scienza delle Lettere e dei Numeri consiste nel tenere conto del valore numerico delle lettere citate. Si apprende così che è a partire dall'anno 600 compiuto che è chiamata a manifestarsi la pienezza di questa fun-zione . La nascita di colui che deve essere investito si trova, in quanto a lei, in 560 . I quarant' anni che si separano la nascita e la missione ufficiale nell'ordine spirituale dallo Sceicco al-Akbar sono naturalmente da mettere in corrispondenza coi quaranta anni di preparazione del ricettacolo muhammadiano alla Missione universale: il Profeta non ricevette l'apostolato che all'età di quarant' anni, 40 che sono il numero del "ritorno al Principio" e della "riconciliazione" che esprime in generale la doppia idea di "pienezza" e di "maturità". Conformemente alle indicazioni di Michel Vâlsan, questo ci porta a dedurre che la "investitura dello Sceicco al-Akbar al Centro supremo" non può essere stata che dopo l'anno 600 , quando Ibn 'Arabî aveva già raggiunto la quarantina.
Questi dati permettono di considerare una volta di più lo Sceicco Muhyî-d-Dîn, il "Vivificatore della Tradizione", come una rinascenza muhammadiana che interviene nel ciclo della Santità e, iniziando, la sua produzione, come una re-espressione del Messaggio Profetico nello stesso dominio. I 560 capitoli dei Futûhât si rivelano essere allora altrettante porte da aprire per colui che desidera prendere conoscenza dei segreti ri-celati. Il rapporto tra i capitoli e le porte sono tanto più evidenti a stabilirlo è la stessa parola bâb, plurale abwâb che li designa in arabo: aprire la porta rientra dunque, nella cornice delle Futûhât, dà l’accesso al capitolo. Ibn 'Arabî avverte il lettore: «Prima di prendere la parola sugli abwâb di questo libro, presentiamo un bâb che dà l'elenco dei capitoli.» Tuttavia nel titolo di questo questa precisione dice: "Bâb della tavola dei capitoli non contabilizzati nei capitoli. " Il capitolo in questione può essere dunque, in un certo modo, considerato come una sintesi riassuntiva dell’opera tutta intera. Questa osservazione dello Sceicco permette, di aggiungere questo capitolo agli altri per raggiungere il numero di 561; e se si considera che sfugge al conteggio, è dall'addizione della parte introduttiva ai Futûhât che risulterà questo numero. Fin dal primo capitolo dei Futuhât, la domanda della chiave è posta. È legata all'incontro eccezionale dello Sceicco al-Akbar con la sua Alter Ego divino, alla Pietra nera, che chiama "il giovincello evanescente." Questo Essere Trascendente, di cui noi riparleremo in dettaglio al momento della traduzione del capitolo che lo riguarda, è una per-sonificazione sensibile dello spirito divino, per riprendere l'espressione di Michel Vâlsan, è l'omologo dell'angelo Gabriele che porta la Rivelazione. Lo Sceicco al-Akbar chiede al suo giovane iniziatore ed ispiratore: "Fammi conoscere come consultarti adeguatamente affinché mi attenga alle modalità dei movimenti della tua chiave."
Così dice, un hadîth profetico insegna: Chiesero a Wahb b. Mu-nabbih: Ciò " Lâ ilâha illâ-Llâh, (Non c’è Dio eccetto Allah), non è la chiave del Paradiso? - Si, rispose, ma non c'è chiave senza denti. Se vieni munito di una chiave dentata, ti sarà aperto, se no non ti sarà aperto" "Le interpretazioni esoteriche fanno di ciascuno delle quattro parole della Sahâdah una dei quattro denti della chiave che, a patto di essere intera, apre tutte le porte della Parola di Dio, e dunque quella del Paradiso." Il valore numerico di questa testimonianza dell'unità divina è, ricordiamolo, 165 , quindi facendo riferimento all'articolo precedente «Iqra'», dove si nota che il nome islamico 'Abd al-Wâhid Yahvâ prende tutti questi valori 560, 561 e 165, si conosce, o meglio riconosce, uno degli aspetti fondamentali della funzione di cui fu investito René Guénon.
Il suo ruolo nei confronti delle Futûhât e di ogni studio akbariano è in generale determinante e consiste nel mettere finalmente in luce dei segreti tesaurizzati nell'insegnamento dello Sceicco al-Akbar. Certi obietteranno probabilmente che l’opera deve potersi spiegare così per se stessa come è affermato a proposito del Corano, non di meno il ricorso ad una nuova chiarificazione può rivelarsi provvidenziale; del resto il Corano non contiene ogni cosa? - non abbiamo omesso niente nel Libro è - egli dice - la maggior parte delle volte si spiega per bene con le sorgenti esterne di cui la principale è la Sunnah. A questo proposito, quando il Profeta invita: Cercate la scienza fosse pure in Cina, la questua della scienza incombe a tutti i musulmani, da una parte, non ha certamente in vista la scienza profana e, d’altro canto, indica chiaramente che ogni scienza sacra, da ovunque provenga, fosse pure dai confini della terra, può essere ben integrata nella prospettiva dell'islam universale.
Aggiungeremo che la Fâtihah, "Quella che apre", è talvolta identificata alla chiave stessa, e che il Basmalah che l'inaugura è qualificato in quanto a lei come Fâtihah al-Fâtihah. Lo si interpreterà allora come la "Chiave delle chiavi" diversamente detta per eccellenza il "Passaggio" che apre il passaggio ad ogni sura. Da un altro punto di vista, "Quella che apre" può essere simboleggiata dalla " Mano" che viene ad unirsi alla chiave per azionarla. La sua Unità sintetica che si aggiunge al numero 560 della chiave, permette di considerare il passaggio di 561 a 165. Sono due "numeri-specchio" che si ottengono difatti successivamente facendo ruotare la chiave sul suo asse, riproducendo così l'operazione di conversione di cui è suscettibile il cuore, per aprirsi l'accesso al Centro del Mondo dove è conservata intatta, in Deposito, la vera Dottrina dell'unità.
Pentecoste 2001 - 12 rabì' al-awwal 1422
Mawlid al-Nabî
74 Corano, 48,27,
75 Mifîâh per la sua ortografia equivale a miflah (senza allungamento della a, che qui corrisponde ad una soppressione della Valif). È allora equivalente a mafleha che in ebraico designa tanto l'azione d’aprire che la chiave.
76 a + / + m + /+ t + à + h = 1 + 30 + 40 + 80 + 400 + 1 + 8 = 560.
77 Questo stesso anno corrisponde a quello della morte di 'Abd al-Qâdir al-Jilânî, il Gran Maestro a cui è confidato il comando delle milizie celesti, mili-zie menzionate espressamente nella la sura Al-Fath (versi 4 e 7).
78 Cf. Le livre du Trésor, texte publié dans Jeux et sapience du Moyen Age, p. 798.
79 Tulù', terme choisi qu'on applique par exemple au "lever du soleil" ou à celui des astres.
80 Ha', lettera che occupa il 7° rango nell'ordine alfabetico, che rinvia al 7° secolo e al 7° mese dell'anno, Rajah, qualificato di "singolare", mese con cui Ibn 'Arabî ha un affinità particolare e al cui farà allusione qualche riga più avanti.
81Cf. nota 4 di questo articolo a proposito del periodo di sei secoli. Ritorne-remo prossimamente su questa domanda a proposito dalla vita, della fun-zione e dell'opera di Ibn 'Arabî.
82 Somma dei valori delle lettere Sâd (60 secondo il conto occidentale, e Tâ' (500). Per la nostra traduzione di questo passaggio dell’ 'Anqâ' mujriby ci riferiamo al Ms. Berlino 3266, il più vecchio manoscritto conosciuto di Ibn 'Arabî secondo Gerald Elmore (cf). p. 212 della sua tesi dedicata a questo lavoro, Yale University, novembre 1995, ed intitolata The Fabulons Griphon, traduzione con cui non concordiamo completamente, anche se il carattere escatologico del "Grifone" è innegabile, perché questo "animale a due na-ture" non si rifà chiaramente allo stesso simbolismo di quello della "Feni-ce"). La maggiorparte delle altre versioni menziona in modo errato altre lettere che hanno la stessa grafia della Là' e del Sâd ci che si differenziano per i loro punti diacritici, Bà', Tā' e Dâd, rendendo il messaggio improprio e di conseguenza incomprensibile.
83 Le Roi du Monde, cap. 5.
84 Le Roi du Monde, chap. 5.
85 è una delle spiegazioni del titolo al plurale, "le Aperture" o Futuhât che designano la "Summa" di Ibn 'Arabî.
86 Il numero 560 non è proprio alle sole Futûhât, né all'unica prospettiva islamica. Occupa un posto importante nella tradizione orphico-pitagorica ed interviene particolarmente nella struttura delle Géorgiche di Virgilio di cui i 2178 versi possono essere divisi in due gruppi complementari: uno di 560 versi, l'altro di 1618 che rinvia al Numero d’Oro.
Per ciò che riguarda il numero 561, esiste una poesia iniziatica Peul intitola-to Laaytere Koodal, "Lo scoppio della grande stella" che ha un attinenza di-retta. Questa "grande stella" "perfetta tra le stelle che, lacerò il cielo e cad-de sul Nord è la grande stella del re", verso 110, 191, 391. Questa stella chiamata Koodal ha per valore numerico 561 (nota 2, p. 31). Del resto, il racconto, dal verso 412 al verso 423, enumera, sotto forma di enigma, gli elementi di una somma che corrisponde a questo numero:
"una teoria di taglialegna, per gruppi di dieci e ciò venti volte
ai quali si aggiungono tredici caïlcédrats.
Per quelli che han disegno di tagliare le piroghechi vuole tagliare ed abbattere i grandi caïlcédrats maschi
chi, contati e ricontati, Fanno quattro volte il keme (=80) dei Bambaras
queste saranno dieci alle quali si aggiungono due:
vedi, esse vogarono sui fiumi.
sono dodici immensi fiumi.
Che cosa trasportano dunque tutte queste piroghe?
Quattro re, tutti mendicante.
Conta ciò che è stato enumerato, addiziona e comprenderai.
Il risultato del conto, lo proclama chi potrà! ",
(Amadou-Hampâté Bâ Lo scoppio della grande stella, testo e traduzione, Parigi, 1974).
87 Vol. 1, p. 48.
88 Sahîh al-Buhari (Vol. 2, p. 89), Kitàb al-janâ iz (Livre des funérailles, chap. 1).
89 Chevalier-Gheerbrant, Dictionnaire des symboles (Paris, 1997), p. 262.
90 In seguito a ciò che è stato appena detto, ritorniamo alla data di nascita cerniera di Ibn 'Arabî. I calendari islamici e cristiano indicano rispettivamen-te gli anni 560 e 1165. Il carattere simbolico di questo ultimo numero appa-re quando lo si decifra 1-165, 165 che suggerisce così l'unità prima. Questo procedimento non è inusitato e lo si trova in Dante particolarmente quan-do parla di "Un cinquecento diece e cinque" (Purgatorio, 33, 43, che posso-no essere letto "un 515" o (1-500-10-5 =) "1515."
91 Coran 6, 38.
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