LE QUINDICI NITYA
"la ruota delle lettere dell'alfabeto è basata sul tempo
ed è identica allo zodiaco siderale".
Tantraràja Tantra
Le Nitya[1] sono «il ciclo delle facce di Lalita» rappresentano i quindici tithi (giorni lunari) della Luna crescente. Il giro completo delle Nitya rappresenta i 21.600 respiri che un essere umano emette in un giorno ed una notte intera.
Sono il Kalachakra, o Ruota del Tempo[2].
La luna rimane sempre la stessa, anche se appare diversa in ogni fase. Allo stesso modo Lalita, la dea rossa, sembra essere modificata dai tre guna e dai cinque elementi: etere, aria, fuoco, acqua e terra.
La Bhavanopanishad dice che il corpo umano è l'espressione del Sé (Svatma) e quindi deve essere concepito come uno Shri Chakra, ciò significa che
1) il corpo non è da considerare come diverso dall’Atma,
2) l'intero sistema cosmico è simbolicamente associato al corpo e dovrebbe essere letto allo stesso modo.
Questo sistema esterno per la sua manifestazione si basa
è sul Tempo (Kala),
§ e sullo Spazio (DEHA)
§ e su di una combinazione dei due.
[1] nitya costante, invariabile, permanente, continua, perenne, eterno, indistruttibile, quotidiana, periodica, ordinaria, soc. (rituale) richiesto. nityam avv. sempre, sempre, sempre, regolarmente, ogni giorno.
[2] Le informazioni contenute in questa sezione sono tratte da una serie di Tantra compresa il Tantraràja di Sir John Woodroffe's Digest (Ganesh & Co, 1971), la Dakshinamurti Samhita e il Jnanarnava Tantra, nonché il Kalpasutra, che sembra essere la fonte primaria. Yantra e mantra, dove indicato, sono tratti dal Tantraràja, Anche se è necessario sottolineare che la Dakshinamurti Samhita dà versioni un po' diverse. Ogni Nitya vidya ha il suo proprio mantra, Yantra e gruppo di energie (Shakti). I loro nomi compaiono nel primo capitolo del Vàmakeshvara Tantra. Gopinath Kaviraj, un rinomato studioso del tantra nella prima metà di questo secolo, descrive il Kalachakra e le Nitya brevemente nell'introduzione all'edizione in sanscrito dello Yogini Hridaya. (Sarasvati Bhavana Granthamala, 1963).
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