Nel Rig Veda (VI, 15, 16), l'altare, luogo di nascita di Agni, è un «nido unto e lanuginoso», [con in più un'allusione alla vulva pubere, cfr. la preghiera di Apālā in VIII, 91, 5, esaudita per Romashā, «Pelosa» in I, 126,7.] L'immagine del nido lanuginoso è sottintesa in V, 5, 4, in cui l'erba sparsa come un tappeto sul sito del sacrificio, è definita «dolce e morbida come lanugine»; la strofa seguente aggiunge: «Apritevi, porte angeliche, siate di facile accesso», in cui si domanda alla «giovane Terra Madre di essere dolce come lanugine per colui che dona la Prebenda» (essendo Dakshinā l'Aurora, madre di Agni, come Indrāni e la Regina Serpente); il testo prosegue: «Sii aperta, o Terra, non essergli d'ostacolo, sii per lui di facile accesso, coprilo di lanugine, come una madre ricopre suo figlio con il lembo della veste», da cui si capisce che lo riveste con l'abito di luce che egli porta in occasione della sua venuta nei mondi; «Sii aperta» non significa «pronta a ricevere» ma «pronta a offrire».
Nello stesso senso, I, 105,9, «La dove sono tessuti quei sette raggi, ivi è il mio ombelico». Il senso di questo passo è da avvicinare alla parola urnanābhi [letteralm. l' «ombelico» o il «centro della ragnatela»] che di solito indica il Ragno nei Brāhmana e nelle Upanishad. Nelle Brahmana Upanishad (II, 1,20) si dice che tutte le cose provengono dalla loro fonte «come un ragno avanza sul suo filo, come le scintille sprizzano dal fuoco», e Mundaka Upanishad I, 1,7: «Così come un ragno emette e riassorbe (letteralm. «spande e prosciuga») [il suo filo], tutto questo nasce da colui che non scorre»
Il Sole brilla con sette raggi, i co-creatori, operanti in senso sacrificale come cause mediate, che «filano i loro sette fili per formare la tela»; questi «sette raggi dipanati» appartengono all'Instauratore del Sacrificio (Agni o il Sole), che, ottavo Aditya, «suscita tutte le cose», questi sette raggi sono ugualmente quelli di Vishvarùpa.
Una gāthā sacrificale, citata nel Kaushìtaki Brāhmana, XIX, 3, descrive l'Anno, il Sole, come un ragno. Il «Ragno» è allora Agni e/o il Sole, Titano finché i raggi sono celati nel suo ventre, Angelo quando invece fila la sua tela; ciascun filo - per chi sa distinguere i dettagli dell'insieme - segue, per così dire, la via analogiae e, distinguendosi dal tutto, sfila il tessuto e fornisce una via che riconduce all'origine. Non occorre dire che la metafora del Ragno si fonda sulla celebre dottrina del sutrātman, come si può facilmente vedere confrontando RV., X, 168,4, in cui il Sole è «il soffio degli Angeli» (ātmā dévānām), con Sh. Br., VIII, 7, 3, 10: «Quel Sole laggiù collega (samāvayatè) questi mondi con un filo (sutré) che è il Vento» (vāyuh), cfr. BG., VII, 7: «Tutto questo universo è legato a Me come delle perle infilate su un filo». Si può aggiungere che il simbolismo della ragnatela, i cui fili sono raggi luminosi, non è che una forma particolare del simbolismo più universale della filatura e della tessitura, spesso impiegato nei Vèda e nelle altre forme della tradizione universale, anche da Dante: «Così mi circunfulse luce viva; E lasciommi fasciato di tal velo Del suo fulgor, che nulla m'appariva» (Paradiso, XXX, 49-51).
Nessun commento:
Posta un commento